Luigi Tenco
“Quando un Paese riesce ad esprimere in chiave moderna una sua musica tipica (come è avvenuto per la bossa nova e il cha cha cha), per un certo periodo di tempo il mondo intero impazzisce.”
In Italia, purtroppo, il grosso sbaglio è di guardare al mercato mondiale e imitarlo, quando ci sarebbe da noi un patrimonio musicale vastissimo e pieno di folklore.
Bisognerebbe prendere melodie tipiche italiane e inserirle in un sound moderno, come fanno i Negri con i Rythm and Blues o come hanno fatto i Beatles che hanno dato un suono di oggi alle marcette scozzesi, invece di suonare con la zampogna.
In Italia si è vittime del provincialismo perchè sanno apprezzare solamente quello che viene dall’estero; ed è un provincialismo per di più apprezzato dalla stampa, dalla radio e della televisione. Nessuno fa niente per la nostra musica.
Eppure il patrimonio folkloristico è così vario che ogni cantante e compositore potrebbero attingervi mantenendo la propria personalità.
Se uno vuol fare la sua protesta, può protestare; se un altro vuoi fare ballare la gente, può farla ballare; ce ne sarebbe per tutti.
Dopo Sanremo 1966 la polemica sui capelloni si è accesa di tinte assurde: come sempre hanno fatto di ogni erba un fascio, dicendone di tutti i colori.
Gli argomenti preferiti da certa gente sono che i capelloni non lavorano, che si tratta di esseri sporchi, intellettualmente ritardati; bene, io a questo punto mi proclamo un capellone, mi sento uno di loro. Eppure lavoro sodo, mi lavo regolarmente e fino a questo momento, con tutti i difetti che mi possono attribuire, nessuno mi ha mai considerato un cretino”
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Questa lettera fu scritta da Luigi Tenco poco prima di morire e fu pubblicata il 28 gennaio 1967 dal giornale genovese
Il Lavoro.Peccato che… i giovani del Beat72 che, pochi mesi prima discutevano della canzone di protesta, non lo capirono…era troppo avanti rispetto a loro.
Lui era troppo avanti, quindi a qualcuno sfuggì il suo dire, a me nò! Un caro saluto ed AUGURI! Da …Salvatore.
Estate
Che hai dato il tuo profumo ad ogni fiore
L’estate che ha creato il nostro amore
Per farmi poi morire di dolore
Odio l’estate…:-)
e allora….
parole sante quelle di tenco,te lo dico perchè vivendo in brianza questa storia dei capelloni o chi per essi che non lavorano,la vivo tutti i giorni
Come se fosse normale fermarsi alla propria fabbrichetta per farsi la villetta
Con il passare del tempo aumenta in me la convinzione che la contestazione a "Beat 72" non fosse poi tanto spontanea ma ben orchestrata. Tra i contestatori era presente anche un certo ORESTE SCALZONE (che tutti conosciamo) che poi divenne il capo del movimento studentesco romano del 1968 (Valle Giulia). Non dimentichiamoci che Luigi in quel periodo viveva a Roma e aveva rapporti stretti con tutto ciò che era avanguardia (compreso il movimento). Perché non pensare che SCALZONE temesse la concorrenza di uno come Luigi? Certamente Luigi Tenco era molto più avanti culturalmente e più maturo e realista politicamente (basta rileggere i suoi interventi a Beat 72). Ciao Balans
A quel tempo c’era già chi tirava troppo la corda e fra i giovani divenne facile attaccare uno che di mestiere faceva il cantante.
Ricordo che anche a Ricaldone mi dissero che uno che faceva il cantante veniva considerato come uno scansafatiche.
Ed è pur vero che nel mondo della canzonetta si facevano i "soldi facili". Un po’ quello che avviene oggi con chi riesce a "bucare" il video.
Io credo che, al di là delle premeditazioni o dei giochi di potere, si sia trattato invece di una riflessione molto amara che Luigi ha fatto con sé stesso, con le proprie idee.
A Sanremo non voleva andare e fino all’ultimo ha provato a fare resistenza chiedendo addirittura al suo amico Vittorio di sostituirlo, ma in quel dibattito si trova a difendere una posizione diversa da quella che in cuor suo aveva.
Anche a Roma (in RCA), l’anno prima, era andato con una palese forzatura che faceva alla propria indole.
E chi lo incontrava nel periodo romano quasi non lo riconosceva più per la spasmodica necessità che manifestava di vendere i suoi dischi, di vendere le sue idee.
Sempre più in lui maturava l’idea del "giocatore" (che peraltro era). Quella idea che ti fa puntare tutto. L’idea del "va o la spacca".
Il dibattito del Beat 72 rappresenta, purtroppo, uno dei tanti tasselli che lo hanno portato a giocare la sua ultima partita fino in fondo.
Riappropriandosi, in punto di morte, del ruolo che più gli stava a cuore. "Faccio questo come atto di protesta".