Una chitarra amica
Tempio Pausania, la chitarra di Fabrizio De Andrè
e una
Smisurata preghiera
Alta sui naufragi
dai belvedere delle torri
china e distante sugli elementi del disastro
dalle cose che accadono al disopra delle parole
celebrative del nulla
lungo un facile vento
di sazietà di impunità
Sullo scandalo metallico
di armi in uso e in disuso
a guidare la colonna
di dolore e di fumo
che lascia le infinite battaglie al calar della sera
la maggioranza sta la maggioranza sta
recitando un rosario
di ambizioni meschine
di millenarie paure
di inesauribili astuzie
Coltivando tranquilla
l’orribile varietà
delle proprie superbie
la maggioranza sta
come una malattia
come una sfortuna
come un’anestesia
come un’abitudine
per chi viaggia in direzione ostinata e contraria
col suo marchio speciale di speciale disperazione
e tra il vomito dei respinti muove gli ultimi passi
per consegnare alla morte una goccia di splendore
di umanità di verità
per chi ad Aqaba curò la lebbra con uno scettro posticcio
e seminò il suo passaggio di gelosie devastatrici e di figli
con improbabili nomi di cantanti di tango
in un vasto programma di eternità
ricorda Signore questi servi disobbedienti
alle leggi del branco
non dimenticare il loro volto
che dopo tanto sbandare
è appena giusto che la fortuna li aiuti
come una svista
come un’anomalia
come una distrazione
come un dovere
Fabrizio De Andrè, 1996
Sono felice dei grandi riconoscimenti che ha ricevuto l’amico Faber nel decimo anniversario della sua morte. Da tenchiano della prima ora ho imparato amare, e diffondere, molto presto l’arte di Faber, in un periodo che era davvero difficile proporlo e i sostenitori erano pochissimi (prima del 68). Luigi Tenco nei primi anni sessanta fu generosissimo con Fabrizio De Andrè, generoso al punto che, quando ebbe l’opportunità di promozionarsi con una sua canzone, nel film “La Cuccagna” che lo vedeva protagonista insieme a D. Turri, preferì lanciare una canzone dell’amico Fabrizio De Andrè “La Ballata dell’Eroe”. I due, oltre ad essere concittadini, saldarono la loro amicizia in modo abbastanza buffo. Un giorno Luigi incontrò Fabrizio in piazza De Ferrari e gli disse: “Perché vai in giro a dire che “Quando” l’hai scritta tu?”. Fabrizio molto imbarazzato gli rispose: “Per fare un po di figa!”. Luigi scoppiò a ridere e rispose: “Allora fai pure!”. Da giovanissimi suonarono insieme nella “ Moderm Jazz Group” con De Santis, Casabona, Cameli, Oliva e Galletto. Fabrizio De Andrè raccontò che lui e Luigi avevano anche progettato di fare un disco insieme, infatti, disse: “Ricordo che ne parlammo un giorno seduti al Baretto, in Cosro Italia, ambiente notoriamente frequentato da giovani borghesi di destra. Provocatoriamente ad alta voce io dicevo: facciamo un disco anarchico. E Luigi ribatteva: No, no, facciamo un bel disco comunista”. Fabrizio racconta anche un altro aneddoto: “Vedemmo almeno quattro volte -La battaglia di Algeri- di Pontecorvo e ne discutemmo per notte intere”. “Per me Luigi è stato un fratello e gli sarò sempre riconoscente”. Luigi, in un’intervista a radio Montecarlo sbottò: “Anziché trasmettere la solita musica perché non fate ascoltare le canzoni del mio amico Fabrizio?” Sempre a radio Montecarlo (da H. Pagani), solo poche settimane prima di morire, alla domanda di H. Pagani: “E ora sentiamo un cantante che ti piace.” Tenco rispose: “Un cantante che mi piace, è un mio amico di Genova, un certo Fabrizio De Andrè”. Pagani rispose: “Questi genovesi, vi volete bene tra voi genovesi!” Tenco ribadì: “Affetto profondo. ‘Tra l’altro ho fatto un film cinque anni fa nel quale ho inserito una canzone di questo ragazzo. Il film era -La Cuccagna- e la canzone di Fabrizio si intitolava -La Ballata dell’eroe-“ Dopo la drammatica morte di Luigi (27-01-1967), Fabrizio fu uno dei pochi artisti che si recò a Ricaldone ai funerali. Appena rientrato a Genova, affranto dal dolore, scrisse la una sua meravigliosa preghiera per l’amico appena scomparso: “Preghiera in Gennaio”. Come ha ricordato Fabrizio, lui e Luigi stavano lavorando ad un disco insieme, infatti, alla torre di Recco (casa di Luigi) vennero ritrovati alcuni manoscritti e primi appunti, mi pare di ricordare, di “Cantico dei Drogati”, inoltre a casa di Luigi vennero trovate anche altre poesie dell’amico comune Mannerini (con il quale poi Faber scrisse “Cantico dei Drogati”).
Devo dire che questa grande amicizia, dichiarata più volte da Luigi e Fabrizio, non traspare negli spazi web dedicati a De Andrè. Inoltre credo sia stato profondamente ingiusto escludere il nome di Luigi, colui che lo lanciò e per primo diede fiducia a Fabrizio, dai grandi tributi televisivi dedicati a Faber di questi giorni, in spazi come Mixer, Fazio… . Mi chiedo: ma se Fabrizio ha sostenuto: “Per me Luigi è stato un fratello e gli sarò sempre riconoscente” com’è possibile fare dei tributi rimuovendo tutto ciò? Perché hanno dato del tempo, e dello spazio, ad uno come Lucio Dalla che ha sbagliato, di dieci anni, persino la datazione di un importante LP come Rimini? Errore che dimostra che lui di Fabrizio conosce veramente poco?
Spero che dopo questo mio piccolo contributo, i veri amici di Faber, sappiano fare giustizia e essere generosi, come lo fu Luigi nei confronti di Fabrizio, riconoscendo pubblicamente quello che Fabrizio ha sempre riconosciuto.
Vorrei raccontare anche un aneddoto che forse pochi conoscono:
Il giorno della morte di Fabrizio (11-01-1999) radio Popolare di Milano fece subito un microfono aperto, un ascoltatore propose: perché non facciamo un primo tributo spontaneo a Faber? Potremmo trovarci questa sera in piazza del Duomo, magari portando uno strumento per poter improvvisare un piccolo concerto tra amici… . Era una serata molto fredda e con una nebbiolina che tagliava la pelle. Con quattro giovani amici arrivammo sul sagrato del Duomo circa alle 21.00. Trovammo la piazza deserta! Solo due ragazzi infreddoliti mi pare con un flauto e una chitarra, poi, con il passare dei minuti, il gruppo si irrobustì, infatti, arrivarono una fisarmonica delle percussioni e perfino un violino e se non ricordo male pure un contrabbasso. Verso le 21,30 iniziammo a cantare, era bellissimo tutto veniva spontaneamente i pezzi si susseguivano come fossimo in una spiaggia in piena estate. Verso le 22,30 sulle scale del sagrato e nell’area adiacente al Duomo saremo stati almeno in 300 e gli strumenti erano notevolmente aumentati. All’improvviso comparve un signore, un uomo alto magro, biondo, sulla quarantina, aveva un’inflessione slava, nel freddo pungente era in maniche di camicia e resisteva al freddo solo grazie ad un tasso etilico piuttosto elevato… . Per alcuni minuti fummo infastiditi, lo vivemmo come un intruso uno che ci disturbava, infatti, parlava, ci interrompeva, poi, all’improvviso, questo uomo cambiò atteggiamento, si mise a dirigere il concerto e tra un pezzo e l’altro faceva pure dei commenti appropriati. Fu a quel punto che molti di noi, guadandosi negli occhi, pensarono che si fosse materializzato uno dei personaggi cantati da Fabrizio nelle sue stupende opere. Credo che questo sia stato il tributo più vero, e sicuramente quello più gradito al nostro amico Faber. Renzo Zannardi